Il laghetto effimero di Palazzo Borghese e il Pian delle Cavalle

Alla ricerca dell'evenescenza di un lago
Da Foce salendo per val Canale fino al laghetto di parazzo Borghese, ridotto ai minimi termini ma ancora presente. Non abbiamo visto il Chirocefalo della Sibilla ma risalendo e rientrando dalla dorsale del Pian delle Cavalle abbiamo goduto di panorami dei Sibillini nuovi anche per noi, una bella cresta nel mezzo di valli profonde e dorsali che salgono alcune delle cime più alte di questi monti.


Le Marche sono una grande regione baciata da Dio, perdonatemi c’è un po’ di campanilismo ma il plurale è d’obbligo, in cinquanta chilometri c’è tutto, si passa dall’azzurro del mare attraverso la dolcezza delle colline tra le più belle d’Italia al ruvido contatto con le rocce delle montagne. I Sibillini ne sono il tetto, un’interminabile concatenamento di lunghe e aeree creste che si alternano a profonde valli; in maniera prepotente sono oggi ritornati ad essere le nostre montagne, qui abbiamo fatto l’ultima escursione prima del lockdown e non potevano che riprendere da qui quando ci hanno liberati. Avevamo chiuso l’otto Marzo con una escursione “al buio” su Castel Manardo, al buio perchè completamente immersi tra le ultime nevi e basse nuvole scure e abbiamo ripreso oggi con una bellissima escursione che ci ha portato in luoghi per me nuovi: il laghetto effimero di Palazzo Borghese e la bellissima cresta del Pian delle Cavalle. Solo quaranta i minuti per raggiungere Foce, da Ascoli è tutta un’altra musica, niente raccordi, niente autostrade, solo strade con poco traffico, attraversamento di paesini e quasi subito ci si trova in mezzo alle montagne e ai boschi. Parcheggiamo alle porte di Foce poco dopo le 8 della mattina, nei pressi dell’area pic nic, un evidente segnale li accanto che indica la sentieristica per Palazzo Borghese è l’imbocco del sentiero, scorre a sinistra accanto ai tavoli e al casotto; subito si incontra un'altra traccia sulla destra contraddistinta da bandierine del CAI sugli alberi che conduce a fonte d’Acero, lo si tralascia continuando sulla più evidente mulattiera che si va infilando nella gola che si forma lì davanti, valle Canale sulla carta che non lasceremo più fino in cima. Lasciata l’area pic nic si inizia a salire, la mulattiera è ampia e sassosa, si infila ben presto nel bosco di bassi aceri. Sulla sinistra per un bel tratto siamo dominati dallo scoglio che precipita verticale e che è la parte finale della lunga dorsale che scende dal Pian delle Cavalle. Il sentiero è quasi obbligato, scorre principalmente a fondo valle, è contrassegnato da frequenti ometti e da molti rami disposti a terra a segnalare le direzioni quando altre tracce si staccano da quella principale, non esistono bandierine; la sterrata si restringe e si riallarga in vari punti fino a diventare definitivamente sentiero intorno ai 1250m. Qualche svolta frequente alleggerisce la salita nei tratti più ripidi e occorre fare attenzione a non lasciarlo solo quando intorno ai 1400 m. ci si trova davanti un’altra ampia sterrata che devia decisamente sulla sinistra, si tralascia anche questa e si continua su esile sentiero verso destra continuando a seguire i frequenti omini a terra (la sterrata sulla sinistra è uno dei tanti sentieri dei boscaioli che si alzano su quel versante, li percorreremo scendendo dal Pian delle Cavalle). A quota 1500m. si esce dal bosco (+1,20 ore), la valle si fa sinuosa e incastrata tra i versanti scoscesi, scivola ora a destra ora a sinistra tra le lingue delle dorsali che scendono dai due versanti, sale di quota traversando qualche ghiaione mentre gradualmente si va scoprendo la bella parete di Sasso Borghese, da qui appare davvero imponente e decisamente verticale; quando la salita si attenua e la valle lascia il posto ai pratoni si scavalla il fondo valle e si scopre il grande bacino detritico e glaciale che chiude la valle; la parete di Sasso Borghese non ha nulla da invidiare a quelle più blasonate dell’Appennino, non avrà grandi dimensioni ma in quanto a verticalità è davvero notevole. Enormi le dimensioni del catino, bellissimo nel suo isolamento, contenuto dal Sasso Borghese, dai versanti che continuano verso l’Argentella e da quelli che staccandosi verso Est vanno a formare la dorsale secondaria del Pian delle Cavalle. Erbosi i versanti che salgono sul Pian delle Cavalle, erbosi quelli che salgono verso il monte Porche sul lato opposto, detritici quelli che risalgono verso Sasso Borghese. Una linea quasi pianeggiante lo taglia a tre quarti dell’altezza, è il sentiero che proviene da fonte d’Acero e che raggiunge Pian delle Cavalle, nella sua linearità una bellezza infinta; scorre sotto Sasso Borghese, quasi lo sfiora, quando il paretone finisce una traccia si stacca verso l’alto e con qualche tornante scavalca il versante fino ad entrare nelle piane sommitali, quanta bellezza tutta insieme! Mancava all’appello il famoso laghetto, quello effimero tanto è precaria la sua presenza e consistenza (generalmente si forma con lo scongelamento delle nevi e permane per un paio di mesi circa), continuando sul valico della valle le tante gobbe lo nascondevano ancora, abbiamo disperato per un attimo che fosse già svanito nelle cavità dell’inghiottitoio sottostante poi, minuto grigio, ormai ridotto al lumicino si è palesato nel fondo dell’ampia conca (+ 1,05 ore, 1786 m.). Non era esattamente il laghetto dei momenti migliori, quello delle foto che si trovano sul web per capirci ma esisteva ancora, un diametro di una trentina di metri, quaranta o qualcosa di più nell’asse Sud-Nord ma finalmente ero riuscito nell’intento di conoscere e vedere quest’altro piccolo gioiello del parco dei Sibillini. Mi sono appollaiato sulle sue sponde ma non ho visto nessuna traccia del Chirocefalo della Sibilla (“Chirocephalus Sibyllae”), una specie simile al più famoso Chirocefalo del Marchesoni (Chirocephalus Marchesonii) che si trova nel Lago di Pilato, grigio quello della Sibilla, rosso quello del Lago di Pilato; nel basso fondale erboso e scuro a causa delle nubi che non ci hanno quasi mai lasciato si distinguevano solo una miriade di larve di insetti, frenetiche nel loro scuotersi, nessun segno del gamberetto. L’isolamento idilliaco di questo luogo è stato infranto ben presto dall’arrivo di altri escursionisti, dopo poco eravamo troppi per continuare a condividerlo; tracciamo idealmente una linea di salita morbida e la seguiamo fino a raggiungere il sentiero che taglia il versante di Sasso Borghese; lineare, quasi piatto taglia e aggira completamente il catino, ogni tanto la traccia si perde tra i detriti caduti dalle pareti in alto, sicuramente i segni del sisma del 2016, senza problemi raggiungiamo dolcemente la dorsale del Pian delle Cavalle. Ci hanno accompagnato in questo traverso degli scorci davvero unici: sulla Sibilla, sulla lunga cresta che da questa raggiunge il Porche, su sasso Borghese da qui doppia rocciosa cuspide e su uno spicchio di colline marchigiane. Come usciamo dal catino glaciale veniamo investiti da un vento teso e più freddo, senza accorgercene ci troviamo nel mezzo di due mondi fatti di altre dorsali, altre cime, altre valli (+1,30 ore); a nord la lunga linea della cresta Porche-Sibilla sprofonda nella val Canale e in quella di Foce di cui si percepisce la strada asfaltata, di fronte, verso Est l’imponente versante del Banditello che sale fino al Torrone e al Monte Vettore, sotto scorre profonda la val Gardosa, le svolte, la valle del Lago che si chiudono nel cuore dei Sibillini, sotto il Vettore ed il Pizzo del Diavolo, dove mi dicono essersi già quasi svuotato il Lago di Pilato. A sud le linee inconfondibili del Redentore e poi il vicino Argentella che richiude il paesaggio su palazzo Borghese ed il suo Sasso. E’ sempre così sui Sibillini, cambi versante e scopri altri profili entusiasmanti ma sempre, sempre ti ci senti nel mezzo, invaso, dominato, sovrastato dalle dimensioni di verticalità che l’insieme di valli e dorsali ti restituiscono. Un gran peccato la poca luminosità di questa strana giornata di Maggio, eravamo “solo” sui 1903 m. del Pian delle Cavalle ma ci sembrava di volare, di dominare questa parte dei Sibillini; mai dire che conosci a fondo qualcosa, c’è sempre un angolo che hai dimenticato, o che reputi secondario pronto a restituirti la tua leggerezza. Avrò tempo per recuperare, ora i Sibillini sono a 40 km da casa. Ci accucciamo dentro una avvallamento sotto la cima per ripararci dal vento e mangiarci qualcosa prima di ripatire, davanti le linee che vanno dal Sasso Borghese alla Sibilla, come dire un posto in prima fila su uno dei nostri teatri più belli. Il rientro lo “inventiamo” seguendo in discesa la dorsale del Pian delle Cavalle, sinuosa, ripida, panoramicissima, larga per lo più o almeno abbastanza sicura sui versanti che scivolano via di qua e di là, tranne in un breve tratto in cui il sisma del 2016, sempre lui, l’ha letteralmente aperta in due. Superiamo comunque facilmente questo breve tratto fino a scendere sullo spigolo erboso (grosso omino in pietre, 1645 m. +35 min.) che la chiude proprio di fronte al Banditello; imperiosa la vista sulla valle del Lago e su quella della Gardosa, forte il senso di minutezza di fronte alle dimensioni che ci avvolgevano tutto intorno, eravamo felici ed entusiasti, chissà perché anche sorpresi di tutto quanto. Come scendere a Foce, rimaneva ora questa scelta. Poco sotto la dorsale si faceva boscosa, continuava ben definita verso Nord ma sarebbe terminata proprio sopra lo scoglio che precipitava su val Canale, verso Est e quindi verso il Banditello non era di chiara lettura, dalla carta si intuiva una linea di discesa proprio sopra Foce ma era incerto se avessimo trovato salti o forti pendenze; più semplice ho giudicato buttarsi subito dentro il versante Nord e scendere nel bosco fino a raggiungere di nuovo val Canale, non c’erano tracce di sentiero né omini ma a vista le linee di discesa sembravano davvero abbordabili ed il dislivello da scendere non era più di 350 m. Qualche linea di traverso per scendere la parte sommitale ancora scoperta, una cinquantina di metri forse cento più ripidi scesi nel bosco dove trattenere le scivolate è stato impegnativo, poi abbiamo intercettato le sterrate dei boscaioli, imboccata la prima ne abbiamo incrociate svariate altre fino a convergere in val Canale sulle tracce del sentiero dell’andata e circa a 1550m. (+50 min). Ci vuole ancora poco per raggiungere Foce, veloci ripercorriamo il sentiero dell’andata, sbagliamo ad uno dei tanti “rivoli” di sentiero, accorgendocene però, finiamo dietro il cimitero quasi diroccato di Foce (+30 min.). Avevo voglia di rivedere questo borgo che a fatica si sta rialzando dai disastri del sisma; la taverna della Montagna è aperta, penalizzata dal Covid ma lavora, qualche abitazione è stata ristrutturata, altre sono diroccate, come ancora diroccata è la piccola chiesetta, il tempo sembra essersi fermato a quattro anni fa. Poetica per quanto è bella la valle della Gardosa che si chiude all’orizzonte sul profilo del Redentore! Sibillini miei, solo ora che sono di nuovo qui so quanto mi siete mancati.